Processo lungo: una legge contro il diritto

Dopo l’ennesima fiducia sull’ennesima riforma della procedura penale confezionata nell’interesse di un imputato eccellente, molti si sbracceranno a denunciare il ricorso di un’altra legge ad personam. Però tale denunzia rischia di non cogliere nel segno e di non turbare più un’opinione pubblica ormai tanto assuefatta alla legislazione ad personam da non considerarla più un fatto sconveniente. In effetti non bisogna sottovalutare il messaggio con cui i media del regime fanno trangugiare all’opinione pubblica le leggi “ad personam”, cioé che tali normative, anche se favoriscono l’imputato Berlusconi e gli uomini della sua Corte, perseguitati da ingiusti accanimenti giudiziari, rispondono ad un interesse pubblico, in quanto introducono elementi di razionalizzazione delle regole e di tutela degli interessi della generalità dei cittadini.

E’ questa la menzogna, essenziale per la tenuta della favola del Paese dei Balocchi nell’immaginario collettivo, contro la quale bisogna fare chiarezza.

Generalmente in qualunque Paese civile, i Governi si sforzano di rendere più efficiente l’operato delle amministrazioni pubbliche ed i servizi che il settore pubblico deve garantire ai cittadini. Tuttavia quando è in gioco il diritto alla libertà dei cittadini, allora l’esigenza di efficienza dell’azione repressiva della polizia e della magistratura si scontra con l’esigenza di tutelare i diritti inviolabili del cittadino che ha il diritto di preservare la sua libertà ed i suoi beni, anche a fronte dell’interesse punitivo dello Stato. Il punto di equilibrio fra il doveroso intervento dello Stato per reprimere i comportamenti antisociali ed i diritti del cittadino coinvolto in fatti di rilievo penale è rappresentato dal giusto processo. Nessuno può essere punito (e quindi subire delle limitazioni alle sua libertà) se la sua responsabilità non viene accertata, nel rispetto di procedure rigorose, da un giudice imparziale ed indipendente da ogni altro potere.

La questione che la legge sul processo lungo pone, come tutte le altre norme “ad personam” approvate od in gestazione in Parlamento, attiene proprio al funzionamento delle procedure. Vale a dire se la macchina giudiziaria che produce il processo penale debba funzionare per pervenire al suo sbocco naturale (l’accertamento della verità di un fatto reato e l’irrogazione delle pene di giustizia ai responsabili), ovvero se debba essere intralciata nel suo funzionamento, in modo da rendere vana l’azione dei pubblici poteri che mira a contrastare la criminalità. Quella approvata dal Senato con il voto di fiducia non è una disciplina che mira a rendere più “giusto” il processo, né mira a rafforzare le garanzie dell’imputato. E’ una normativa che non ha altro significato e scopo se non quello di ingolfare il funzionamento della macchina del processo penale per impedire che il processo arrivi al suo sbocco naturale: la giustizia.. Ciò vale soprattutto per i reati dei colletti bianchi (che dopo mafia e terrorismo sono quelli più dannosi per la società) che usufruiscono di ridotti termini di prescrizione. Cancellando il potere del giudice di escludere le prove che sono manifestamente superflue o irrilevanti, il dibattimento penale diventerà un inutile spreco di tempo e di denaro e potrà essere allungato all’infinito, fin quando la prescrizione porrà fine alla farsa.

Inoltre, se alla fine, dopo un travagliato percorso giudiziario dei fatti di rilevanza penale saranno accertati con sentenza passata in giudicato, la sentenza non potrà essere utilizzata da altri giudici per accertare i medesimi fatti con riferimento ad altro imputato e bisognerà ricominciare tutto da capo.

Il processo penale è una risorsa delicata e costosa, ma nello Stato di diritto non c’è un altro sistema per il contrasto alla criminalità, funzione essenziale per garantire la convivenza pacifica fra tutti i consociati.

E’ mai possibile che nel Paese dei balocchi in cui ci hanno ridotto, Governo e maggioranza, si sbraccino a buttare della sabbia negli ingranaggi del processo penale per bloccarne il funzionamento? Altro che leggi ad personam, questa è la legge di Mackie Messer!

Autore: Domenico Gallo

Nato ad Avellino l'1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell'arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022)

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