Sequestro Abu Omar. La Consulta si arrende al delitto di Stato

Nella notte del 13 febbraio è stata depositata la sentenza n. 24/2014 con la quale la Consulta ha deciso gli ennesimi conflitti di attribuzione sollevati dai Governi Monti e Letta contro la coraggiosa sentenza della Corte di Cassazione del 19/9/2012, che aveva riaperto il processo a carico dell’ex Direttore e di altri ufficiali del Sismi imputati di concorso nel sequestro di Abu Omar. A seguito della pronuncia della Cassazione, la Corte d’appello di Milano, l’11 febbraio 2013 aveva condannato il generale Nicolò POLLARI, a dieci anni di reclusione, Marco MANCINI a nove anni e altri tre funzionari del Sismi (Raffaele Di Troia, Luciano Di Gregori e Giuseppe Ciorra) a sei anni. La condanna rischiava di diventare definitiva poiché la Corte di Cassazione aveva fissato la discussione dei ricorsi proposti dagli imputati per il 24 febbraio.

Con questa provvidenziale sentenza la Consulta ha sbarrato la strada all’accertamento giudiziario ed ha praticamente imposto il proscioglimento degli imputati, legittimando l’uso strumentale del segreto di Stato, che in questo caso è stato platealmente piegato al fine di garantire agli 007 italiani quella immunità per i crimini commessi nell’esercizio delle loro funzioni che la legge non può ammettere. Infatti mai nessuna norma di legge in Italia ha autorizzato i servizi segreti a compiere crimini per il perseguimento delle loro finalità istituzionali, cioè delitti di Stato. Tant’è vero che le cronache della “prima Repubblica”, dal “Piano solo” a “Gladio”, sono costellate di incidenti (giudiziari) di percorso, a cominciare dall’arresto del gen. Miceli, il 31 ottobre 1974, nell’ambito del processo sulla “rosa dei venti”.

Proprio per evitare che gli 007 italiani venissero esposti a pericoli di “persecuzione giudiziaria”, quando è venuta in discussione la legge di riforma organica dei servizi di informazione, si è posto il problema di garantire agli agenti segreti uno spazio di immunità, le c.d. “garanzie funzionali” per consentire l’esercizio del loro mestiere senza tema di incorrere nei rigori della legge. L’art. 17 della L. 124/2007 prevede che, ricorrendo determinate circostanze, non sono punibili gli agenti che abbiano realizzato condotte vietate dalla legge penale, purché non si tratti di “delitti diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, l’integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l’incolumità di una o più persone”.

La legge italiana, quindi, a differenza di altri ordinamenti, non attribuisce agli agenti italiani la licenza di uccidere, né di rapire, ne di torturare alcuno, quand’anche ciò dovesse derivare dall’adempimento di obblighi assunti in sede internazionale. Del resto il sequestro di Abu Omar non sarebbe stato in ogni caso ammissibile perché la “sparizione forzata” di persone è un crimine contro l’umanità previsto dall’art. 7 dello Statuto della Corte penale internazionale.

Proprio perché la sparizione forzata di persone non può rientrare nei compiti istituzionali dei servizi segreti, la Corte di Cassazione aveva osservato che “il segreto può coprire soltanto operazioni del servizio di informazione debitamente disposte e/o approvate dal Direttore dello stesso e che rientrino nella finalità istituzionali del servizio stesso ma non la condotta illegale posta in essere da singoli agenti del servizio che abbiano partecipato a titolo individuale ad una operazione della CIA.” Tali conclusioni risultavano confermate anche dal fatto che il Presidente del Consiglio (Berlusconi) con una nota dell’11 novembre 2005 aveva escluso ogni coinvolgimento del Sismi e del Governo italiano nel sequestro Abu Omar.

Cosa fa la Consulta per ribaltare il principio di diritto, così auto evidente, dichiarato dalla Corte di Cassazione? Censura la Cassazione lasciando intendere che Berlusconi ha dichiarato il falso quando ha rivendicato l’estraneità del Sismi e del Governo italiano alla “sparizione forzata” di Abu Omar ed esclude che la collaborazione degli ufficiali del Sismi con gli agenti della CIA (condannati con sentenza passata in giudicato) sia frutto di deviazioni individuali, ricollocandola nell’ambito delle attività istituzionali del servizio, sulle quali legittimamente il Governo può apporre il segreto per sbarrare la strada all’accertamento giudiziario.

Se non fosse stata un’attività istituzionale – argomenta argutamente la Consulta – il Governo non avrebbe potuto opporre il segreto di Stato perché la legge di riforma dei servizi di informazione stabilisce che non possono formare oggetto del segreto i fatti, le notizie o i documenti relativi alle condotte poste in essere dagli agenti segreti in violazione della disciplina concernente la speciale causa di giustificazione prevista per l’attività del personale dei Servizi. Quindi la conseguenza logica di tale premessa è che se il Governo ha ritenuto di opporre più volte il segreto di Stato per sbarrare la strada all’autorità giudiziaria, è del tutto evidente che l’operazione Abu Omar non riguarda condotte “extrafunzionali”. In sostanza l’argomento è questo: se la legge esclude che ci possa essere una causa di giustificazione per delitti come le sparizioni forzate, e vieta al Presidente del Consiglio di opporre il segreto quando vengono commesse condotte non autorizzabili, allora se il Governo ha opposto il segreto vuol dire che le condotte in questione rientravano nelle funzioni del servizio.

In altre parole, le sparizioni forzate sono operazioni non consentite agli 007, tanto che è vietato al governo di opporre il segreto, ma se il Governo oppone il segreto vuol dire che queste operazioni non sono vietate. Un paradosso perfetto degno del comma 22 di Joseph Heller: “«”Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo”.»

Peccato che in questo modo vengono aggirati i limiti delle cause di giustificazione posti dalla legge di riforma dei servizi e si consente al Governo di garantire l’immunità ai suoi agenti opponendo il segreto su operazioni criminali malgrado la legge lo vieti. Il risultato è che attraverso questo modo di procedere obliquo, la Consulta si è arresa alla ragione di Stato fino al punto da sdoganare il “delitto di Stato”.

Comunque non c’è da preoccuparsi perché la sentenza ha precisato che ciò può avvenire solo: “a condizione che gli atti e i comportamenti degli agenti siano oggettivamente orientati a tutela della sicurezza dello Stato”.

Come dubitarne?

Autore: Domenico Gallo

Nato ad Avellino l'1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell'arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022)

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