Corte penale internazionale: Trump e Putin uniti nella lotta

Il primato degli Stati Uniti nella lotta alle giurisdizioni internazionali è stato insidiato da Putin che ha recuperato d’un colpo il tempo perduto.

La Corte penale internazionale (CPI) nasce da una conferenza internazionale che ha approvato a Roma, il 17 luglio 1998, lo Statuto di un Tribunale penale internazionale a cui è stata affidata la missione  di intervenire per non lasciare impuniti i delitti più gravi (crimini internazionali) che turbano profondamente la coscienza dell’umanità. Allo Statuto della Corte hanno aderito 125 paesi ma sono rimasti fuori i principali attori della politica internazionale, gli USA, la Russia, la Cina e gli Stati più implicati in fatti di violenza bellica come la Turchia e Israele. Gli USA si sono affrettati subito a boicottare il lavoro della CPI. Non appena il Trattato di Roma è entrato in vigore (1° luglio 2002), il Congresso degli Stati Uniti ha adottato un provvedimento legislativo (2 agosto 2002) denominato: American Service members’ Protection Act (ASPA), che contiene disposizioni volte a impedire che militari statunitensi possano essere consegnati o giudicati dalla Corte Penale Internazionale. Il provvedimento autorizza il Presidente degli Stati Uniti ad usare “tutti i mezzi necessari e appropriati” per liberare membri dell’esercito USA (o persone alleate) detenute per conto della CPI. Per questo motivo è talvolta chiamata “Hague Invasion Act”. Quando la Corte penale internazionale ha cominciato ad interessarsi dei crimini di guerra commessi dagli USA in Afganistan, immediata è scattata la rappresaglia americana. Con l’Ordine Esecutivo 13928, firmato da Donald Trump l’11 giugno 2020, intitolato “Blocking Property of Certain Persons Associated With the International Criminal Court”  sono state emesse  sanzioni contro la Procuratrice dell’epoca, Fatou Bensouda, e il capo della giurisdizione del tribunale Phakiso Mochochoko, che furono entrambi inseriti nell’elenco “Specially Designated Nationals” del Dipartimento del Tesoro americano. Quando il 21 novembre 2024 la CPI ha emesso un mandato d’arresto nei confronti di Netanyahu e di Gallant per i crimini commessi a Gaza, non si è fatta attendere la reazione degli USA pilotati da Israele. Con l’Ordine Esecutivo n. 14203 emesso il 6 febbraio 2025, Donald Trump dolendosi che: «qualsiasi tentativo da parte della CPI di indagare, arrestare, detenere o perseguire persone protette (in sostanza i governanti e i militari israeliani) costituisce una minaccia insolita e straordinaria alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti”, ha disposto delle sanzioni a carico dei responsabili a partire dal Procuratore Karim Khan. Sulla base di questo ordine il Segretario di Stato Marco Rubio ha esteso le sanzioni ad altri 8 giudici e procuratori della CPI e alla relatrice speciale dell’ONU per i territori occupati Francesca Albanese (accusata di collaborare con la CPI). Infine il 18 dicembre Marco Rubio ha esteso le sanzioni ad altri due giudici, l’uno della Georgia, l’altro della Mongolia.

Il primato degli Stati Uniti nella lotta alle giurisdizioni internazionali è stato insidiato da Putin che ha recuperato d’un colpo il tempo perduto. Nel mese di dicembre è emersa la notizia che un Tribunale di Mosca ha condannato il Procuratore Karim Khan ed altri 8 giudici, fra cui l’Italiano Rosario Aitala a pene detentive che arrivano a 15 anni di carcere.  

Appena appresa la notizia è insorta l’Associazione Nazionale Magistrati. Nel suo comunicato auspica che il governo italiano chieda immediatamente spiegazioni alla Russia e sollecita l’Italia affinché difenda la figura e l’operato del magistrato italiano, ribadendo il ruolo internazionale della CPI, che rappresenta un baluardo del diritto a livello mondiale.

Forse è proprio questo il motivo per cui al governo Meloni l’attività della CPI risulta particolarmente indigesta, come dimostra il caso Almasri. Fatto sta che al silenzio di tomba, che ha fatto seguito alle sanzioni di Trump, che hanno colpito anche una cittadina italiana, è seguito un pari silenzio per le assurde condanne dei giudici di Mosca, eterodiretti da Putin. Però questa volta il silenzio è stato rotto dal Presidente della Repubblica all’annuale conferenza degli ambasciatori.

“Assistiamo oggi alla pretesa di imporre punizioni contro giudici delle Corti internazionali per le loro funzioni di istruire denunce contro crimini di guerra, a difesa dei diritti umani (..)sono pretese di un mondo volto pericolosamente indietro. Un mondo che si presenta rovesciato e contraddittorio con condanne alla carcerazione di componenti le Corti internazionali ad opera di un Paese promotore del processo di Norimberga.” Per una strana amnesia selettiva, il Presidente ha condannato l’aggressione della Russia alla CPI, ma non ha emesso neanche un gemito per le “punizioni” inflitte da Trump ai giudici internazionali. Nella stessa circostanza Mattarella è intervenuto con decisione per rivendicare l’inviolabilità delle frontiere, messa in discussione dal negoziato di pace, ma ha dimenticato di censurare la NATO per aver disgregato con 78 giorni di bombardamento le frontiere della Jugoslavia separando il Kosovo dalla Serbia.  Non c’è da scandalizzarsi, il doppio standard fa parte dei valori occidentali di cui il nostro Presidente è valoroso difensore.

( una versione di questo articolo è stata pubblicata su Il Fatto Quotidiano del 17 dicembre con il titolo Kosovo e CPI, il doppio standard del Quirinale)

Autore: Domenico Gallo

Nato ad Avellino l'1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell'arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022)

Un commento su “Corte penale internazionale: Trump e Putin uniti nella lotta”

  1. Caro Domenico, grazie per le tue preziose ricostruzioni storiche del diritto internazionale contemporaneo! Purtroppo sono sempre d’accordo con te: infatti, pur dovendo apprezzare tante doti di Mattarella, un fine giurista, anche io sono addolorata dal suo continuo doppio standard e dalla sua pregiudiziale russo fobia: nessuna condanna per Gaza, nessuna memoria delle fallimentari spedizioni italiane contro la Russia (1856, spedizione del regno d’Italia in Crimea, 1917 e anni seguenti spedizioni a sostegno dei Bianchi in Russia, 1943/44 gli eserciti del fascismo CSI e ARMIR tentano di invadere la Russia: non mi ricordo episodi di invasione russa in Italia. Almeno questo dovrebbe essere ricordato e insegnato a scuola.

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