La Corte penale internazionale ed il fantasma di Putin

Un mio saggio pubblicato sul n. 68 della Rivista Alternative per il socialismo, Castelvecchi editore, €.15,00

Il 17 marzo scorso la Pre-Trial Chamber della Corte penale internazionale ha emesso due mandati di cattura in relazione ai crimini di guerra commessi nel corso del conflitto in Ucraina. Il primo riguarda il Presidente della Federazione russa Vladimir Putin, il secondo riguarda una sua collaboratrice, Maria Alekseyevna Lvova-Belova, Commissario per i diritti dei bambini. Entrambi sono accusati del crimine di deportazione illegale di bambini dai territori occupati dell’Ucraina.

La notizia dell’incriminazione di Putin è piombata come una bomba sugli attori del conflitto ed i loro alleati ed ha suscitato un’esplosione di opposti commenti, di entusiasmo, di riprovazione, di preoccupazione, di timore per gli ulteriori rischi. … leggi tutto

La giustizia sia al servizio della pace, non della guerra

L’incriminazione di Putin è un passo falso compiuto dal Procuratore della CPI perché mette la legittima esigenza di repressione dei crimini di guerra in contraddizione con l’esigenza di porre fine alla guerra (e quindi ai crimini che della guerra sono un sottoprodotto).

Fiat Justitia et pereat mundus (si faccia Giustizia e perisca il mondo) oppure Fiat Justitia ne pereat mundus (si faccia Giustizia affinchè non perisca il mondo), è questo il dilemma di fronte al quale ci pone la notizia che la Corte penale Internazionale, su richiesta del Procuratore Karim Khan, ha spiccato un mandato di cattura contro il presidente russo Vladimir Putin per un presunto crimine, consistente nella deportazione di numerosi bambini dai territori occupati dell’Ucraina. Non v’è dubbio che la feroce guerra in corso farà lavorare per anni la Corte penale internazionale per prendere conoscenza della valanga di oltraggi all’umanità che sono stati commessi dai belligeranti e che verranno commessi ancora fino a quando non si porrà fine al conflitto.… leggi tutto

Agli orrori della guerra non si risponde con la guerra

Di fronte ai massacri scoperti in questi giorni l’intervento di una giurisdizione internazionale è indispensabile per evitare che la reazione a questi orrori alimenti vendette o punizioni collettive. Ai crimini di guerra non si risponde con la guerra

“La guerra è un assassinio di massa, la più grande disgrazia della nostra cultura; […] garantire la pace mondiale dev’essere il nostro principale obiettivo politico, un obiettivo molto più importante della scelta tra democrazia e dittatura, o tra capitalismo e socialismo”.

Così si esprimeva Hans Kelsen nella prefazione al suo libro Peace Through Law, scritto nel 1944.

Le immagini e le notizie che ci giungono da Bucha, da Borodyanka, da Irpin, al di là dell’orrore, ci confermano ancora una volta la verità di questo assioma.… leggi tutto

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