L’intercettazione delle imbarcazioni della Flotilla da parte della marina israeliana ha suscitato indignazione in tutto il mondo, ma nessuno si è stupito, perché ormai ci siamo assuefatti al supremo disprezzo del diritto internazionale da parte di Israele. Invece è necessario sottolineare l’illegalità di tutte le azioni di forza compiute da Israele nei confronti della Flotilla e dei suoi equipaggi per comprenderne le conseguenze.
La prima cosa da mettere in evidenza è che Israele non ha alcuna giurisdizione sulle acque internazionali. Il principio della libertà di navigazione nell’alto mare è una regola consuetudinaria del diritto internazionale, ribadita dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del mare (Unclos) che definisce i confini del mare territoriale (12 miglia), consentendo l’esercizio di poteri sovrani nella zona contigua che si estende fino a 24 miglia. L’intercettazione della Flotilla, avvenuto molto oltre le 24 miglia, è una violenta sfida alle regole consuetudinarie del diritto del mare che vincolano tutte le nazioni. Israele, in quanto potenza occupante, potrebbe esercitare un controllo sulle acque di Gaza entro il limite delle 24 miglia (per esempio bloccando i carichi di armi) ma, in nessun caso potrebbe impedire il passaggio dei rifornimenti essenziali per la vita della popolazione, ai sensi dell’art. 23 della IV Convenzione di Ginevra. Ma, al di là del diritto bellico umanitario, c’è una ragione superiore che rende assolutamente illegale il blocco delle coste di Gaza: la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio. Al di là delle sciocchezze del dibattito politico-terminologico italiano, c’è una questione molto concreta che non può essere ignorata. La Corte internazionale di Giustizia ha emanato delle misure provvisorie (il 26 gennaio, il 28 marzo e il 24 maggio 2024) volte a prevenire il genocidio ordinando a Israele di consentire e agevolare il rifornimento di tutti i beni essenziali per la vita della popolazione. Alla luce delle ordinanze della Cig, Israele non può operare il blocco delle coste di Gaza, in particolare per quanto riguarda la fornitura di cibo, acqua, elettricità, carburante, alloggi, vestiario, igiene e forniture mediche.
Il rapporto della Commissione d’inchiesta del Consiglio dei diritti umani pubblicato il 16 settembre certifica che Israele non ha ottemperato agli ordini della Corte internazionale e che il genocidio è tuttora in corso. L’intercettazione delle imbarcazioni della Flotilla è un atto di forza strumentale alla prosecuzione del genocidio, ciò rende quest’azione priva di ogni base legale e perciò simile a un atto di pirateria. La conseguenza è che i singoli atti compiuti ricadono nell’ambito del diritto penale comune e, per quanto riguarda gli italiani, aprono la strada all’intervento dell’Autorità giudiziaria italiana, ai sensi dell’art. 8 del codice penale. Il fermo degli equipaggi non costituisce arresto, ma sequestro di persona (art. 605 c.p.), aggravato per la presenza di numerose circostanze aggravanti, previste dagli artt. 61 (n. 1, aver agito per motivi abietti o futili), 112 (numero delle persone che sono concorse nel reato superiore a 5) e 585 c.p. (uso delle armi). Nel nostro ordinamento esistono numerosi precedenti in cui la giurisdizione italiana si è attivata per reprimere i reati commessi all’estero da pubblici funzionari in danno di cittadini italiani. In particolare, l’Autorità giudiziaria ha proceduto contro alcuni torturatori argentini, responsabili di sequestri e omicidi di cittadini italiani residenti in Argentina, sebbene si trattasse di militari che agivano in base a direttive ricevute dal loro governo. In diritto la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 23181 del 28.4.2004 nel procedimento a carico del cittadino argentino Suarez Mason Carlos Guillermo, ha riconosciuto la natura di delitto politico dei fatti contestati e ha statuito che lo Stato italiano aveva il diritto e il dovere di intervenire per tutelare i diritti dei cittadini italiani.
Più recentemente la Cassazione, con sentenza n. 43693 del 9.7.2021 è tornata sull’argomento confermando la condanna di numerosi militari sudamericani processati per l’arresto, la tortura e l’uccisione di alcuni cittadini italiani operati per conto dei rispettivi governi in esecuzione del piano Condor. Perché l’Autorità giudiziaria italiana possa procedere per gli eventuali delitti commessi in danno dei cittadini italiani è necessaria la richiesta del ministro della Giustizia che in passato ha sempre avanzato la richiesta di procedimento (vedi da ultimo il caso Regeni). Non c’è motivo di dubitare che anche in questo caso intervenga la richiesta di procedere per i delitti che Israele sta commettendo ai danni dei cittadini italiani, a meno che il ministro Nordio non si conformi al principio di diritto espresso da don Abbondio: “Il coraggio se uno non ce l’ha non se lo può dare”.
(articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano del 3 ottobre 2025 con il titolo: Nordio agisca contro l’illegalità israeliana)
Bravissimo!!? Ma credo che il caso Nordio sia peggiore di quello di Don Abbondio: non solo gli manca il coraggio, ma è obnubilato dalla gestione del Potere, dall’essere finalmente Ministro!!!