Nelle sue comunicazioni al Senato l’11 settembre il ministro Tajani ha dichiarato: “Seguiamo da vicino anche la vicenda della Global Sumud Flotilla. Ai 58 cittadini italiani che partecipano all’iniziativa garantiremo – come abbiamo voluto assicurare insieme al presidente del Consiglio – assistenza diplomatica e consolare, come abbiamo sempre fatto per i cittadini italiani fermati in Israele per iniziative analoghe. Ho chiesto all’Unità di crisi del ministero di restare in stretto contatto con la portavoce italiana della Flotilla”. Di fronte alla posizione “minimalista” assunta dal governo italiano, che guarda alla missione con malcelato fastidio, sono necessari dei chiarimenti.
La missione della Flotilla, composta da numerose imbarcazioni, con a bordo cittadini di oltre 44 nazioni, ha lo scopo di consegnare aiuti umanitari essenziali alla popolazione palestinese. Questa azione non solo è perfettamente lecita, ma si rende necessaria a causa di una situazione disperata a Gaza, caratterizzata da una carestia ufficialmente riconosciuta (Ipc e Bollettino Unwra 2025) e causata dal blocco illegale da parte del governo israeliano dei rifornimenti essenziali di viveri e medicinali per la popolazione di Gaza. Il blocco delle coste praticato da Israele è assolutamente illegale alla luce del diritto bellico, del diritto internazionale dei diritti umani e di tre ordinanze esecutive della Corte internazionale di Giustizia dell’Onu. Israele, come potenza occupante ha la facoltà di controllare le acque territoriali di Gaza, ma è soggetta agli obblighi (che disattende tutti) di proteggere la popolazione dei territori occupati previsti dalla IV Convenzione di Ginevra (1949), in particolare l’art. 23 prevede che debba essere consentito il passaggio dei rifornimenti alimentari essenziali.
Ma ancor più delle norme umanitarie del diritto bellico, sono vincolanti per Israele le misure provvisorie per la prevenzione del genocidio, adottate dalla Corte internazionale di Giustizia con le ordinanze del 26 gennaio, 28 marzo e 5 aprile 2024 che hanno imposto a Israele di consentire e agevolare il rifornimento di tutti i beni essenziali per la vita della popolazione.
Pertanto non può essere attribuita alla Global Sumud Flotilla la “sfida” di forzare il blocco istituito da Israele alla coste di Gaza, la questione deve essere rovesciata; è Israele che “sfida” la Comunità internazionale con la sua aperta ribellione al diritto internazionale e alla Corte internazionale di Giustizia, avendo manifestato l’intenzione di bloccare con la forza tutte le imbarcazioni che trasportano aiuti umanitari essenziali per la popolazione di Gaza e di arrestare gli equipaggi.
La conseguenza di questa situazione è la mancanza di ogni base legale per le azioni coercitive che Israele dovesse intraprendere contro la Flotilla e i suoi equipaggi. Queste azioni ricadrebbero nell’ambito del diritto penale ordinario: l’arresto degli equipaggi costituirebbe un sequestro di persona, la loro detenzione nelle carceri israeliane integrerebbe il reato di tortura, il sequestro delle barche il reato di rapina. Se, durante il viaggio in alto mare venissero sganciati degli ordigni esplosivi contro le imbarcazioni della Flotilla, sarebbe integrato il reato di strage. Il governo italiano non può stare a guardare e limitarsi a fornire assistenza consolare ai cittadini italiani arrestati. Innanzitutto deve ammonire Israele a porre fine al blocco illegale delle coste di Gaza consentendo alla Flotilla di raggiungere Gaza senza ostacoli. In secondo luogo deve attivare gli strumenti operativi dell’Unione europea volti a garantire il monitoraggio e la sicurezza della navigazione nel Mar Mediterraneo, come il programma di sorveglianza marittima Security Service (Sasa) e l’Agenzia europea per la sicurezza marittima (Emsa), che fornisce supporto contro atti illeciti in mare, come pirateria, terrorismo e violenza marittima.
Se la Russia inviasse dei droni per colpire la Flotilla, immediatamente si metterebbe in moto un meccanismo di sorveglianza e di contrasto. La stessa cosa deve avvenire per gli attacchi con droni alle imbarcazioni della Flotilla, che Israele ha già compiuto e che potrebbe ripetere. Questi attacchi costituiscono delle forme di aggressione contro la libertà di navigazione simili alla pirateria e come tali devono essere contrastati. I responsabili di eventuali atti illeciti contro cittadini italiani devono essere processati dai tribunali italiani, competenti ai sensi dell’art. 8 del codice penale. Perché l’autorità giudiziaria italiana possa procedere, però, è necessaria la richiesta del ministro della Giustizia. E questo sarebbe un banco di prova per verificare se la pavidità delle autorità politiche italiane si tradurrà in denegata giustizia e giungerà al punto di garantire l’impunità di Israele anche per gli abusi commessi in danno dei cittadini italiani.
Nel frattempo 16 Stati (Turchia, Bangladesh, Brasile, Colombia, Indonesia, Irlanda, Libia, Malesia, Maldive, Messico, Pakistan, Qatar, Oman, Slovenia, Sudafrica e Spagna), fra cui spicca l’assenza dell’Italia, hanno emesso una dichiarazione congiunta con cui “esprimono la loro preoccupazione per la sicurezza della Global Sumud Flotilla” ed invitano Israele “ad astenersi da qualsiasi atto illecito o violento contro la Flottiglia e a rispettare il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario”, ammonendolo che: “qualsiasi violazione del diritto internazionale e dei diritti umani da parte dei partecipanti alla Flottiglia, inclusi attacchi contro le imbarcazioni in acque internazionali o detenzioni illegali, comporterà l’assunzione di responsabilità”.
(Una versione ridotta di questo articolo è stata pubblicata sul Fatto Quotidiano del 18 settembre 2025 con il titolo: Se la Flotilla è “sfidata” l’Italia deve intervenire)