Ancora una Rambouillet

L’approvazione della , votata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza l’8 novembre 2002, rappresenta uno snodo fondamentale nella costruzione del contesto giuridico e politico nel quale saranno inseriti gli eventi futuri.

Andando al di la dei commenti affrettati della prima ora, la Risoluzione deve essere letta approfonditamente, anche in controluce, per capire quale scenario delinea, se legittima o al contrario ostacola o imbriglia l’azione militare programmata dall’amministrazione americana contro l’Irak In particolare occorre chiedersi, se, approvando, con alcune modifiche, il testo proposto agli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, il Consiglio di Sicurezza abbia riportato nella mani delle Nazioni Unite la gestione della crisi, ovvero abbia accentuato la delega, fornendo un’alibi o una copertura giuridica alla guerra preventiva di Bush.

Taluni osservatori hanno commentato positivamente la risoluzione facendo affidamento sul comunicato congiunto diffuso, il giorno dopo, da Russia, Cina e Francia che afferma che: “la risoluzione 1441 esclude ogni automaticità sul ricorso alla forza..L’obiettivo della Risoluzione è quello di disarmare l’Irak. Tutti i paesi membri del Consiglio di Sicurezza lo condividono. Nel caso il regime di Bagdad non dovesse far fronte agli obblighi imposti, si applicheranno le disposizioni previste dai paragrafi, 4, 11 e 12 della risoluzione. Spetterà al Capo degli ispettori o al Direttore dell’Agenzia atomica internazionale, riferire al Consiglio di eventuali inadempimenti da parte irachena, dove saranno quindi discusse le contromisure. Questo è il fondamento su cui poggia il rispetto delle competenze del Consiglio di Sicurezza nel mantenere la pace e la sicurezza internazionale, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite.”

A questa dichiarazione ha fatto da contraltare una contraria interpretazione da parte degli Stati Uniti (e della Gran Bretagna). Gli Usa “non hanno bisogno del permesso dell’ONU” per attaccare se l’Iraq non rispetterà la nuova risoluzione sul disarmo, ha dichiarato Condoleeza Rice, il Segretario della Casa Bianca, J.Card, e ieri, ancora una volta, lo stesso Bush, ribadendo l’orientamento costantemente espresso dall’Amministrazione USA, secondo cui la guerra si può fare, anche senza la benedizione dell’ ONU.

E’ noto che la risoluzione 1441 è stata frutto di un lungo braccio di ferro, durato oltre due mesi, nel quale si sono confrontate due posizioni diverse, quella americana che chiedeva che venissero imposti pesanti obblighi all’Iraq, in ordine alle ispezioni, con comminatoria di “gravi conseguenze” in caso di inadempimento, e quella franco-russa che prevedeva una prima risoluzione per il ritorno degli ispettori ed una seconda risoluzione per valutarne l’operato e prendere l’ulteriore decisione sull’eventuale uso della forza. Questa seconda opzione avrebbe consentito di mantenere la gestione della crisi, almeno formalmente, nelle mani del Consiglio di Sicurezza, come nel 1991. Ciò avrebbe consentito ad alcuni di considerare legittimo l’eventuale intervento militare che ne sarebbe seguito, col pretesto che le azioni dell’ONU non sono guerra.

Facendo affidamento alla dichiarazione congiunta di Francia, Russia e Cina, potrebbe sembrare che gli Stati Uniti sono usciti sconfitti dal braccio di ferro e che la loro marcia unilaterale verso l’intervento armato abbia avuto una battuta di arresto.

Purtroppo una lettura di questo genere sarebbe sbagliata e fuorviante. In realtà gli Stati Uniti hanno ottenuto dal Consiglio di Sicurezza il massimo di quello che potevano ottenere, vale a dire un vero e proprio ultimatum al quale l’Iraq – a meno che non succeda un miracolo – non potrà mai completamente adempiere.

Orbene se leggiamo attentamente il testo, a partire dal preambolo, possiamo notare che la risoluzione fornisce una piena copertura ideologica alla tesi americana della esistenza di una grave minaccia alla pace ed alla sicurezza internazionale derivante dal non completamento della missione UNOSCOM. In altre parole la controversia sorta nella fase finale del programma di disarmo iracheno, viene equiparata ad una situazione come quella verificatasi con l’occupazione militare del Kuwait e, non a caso il preambolo, richiama la risoluzione 678 (del 29 novembre 1990), che autorizzò l’intervento armato

Per quanto riguarda le ispezioni, il testo della risoluzione è disseminato di clausole, particolarmente umilianti e vessatorie, che puntano a rendere più difficile la cooperazione irachena, a favorire le provocazioni e a creare dei pretesti che renderanno praticamente impossibile che venga certificato il completo adempimento iracheno agli obblighi imposti. Basti pensare alle clausole che prevedono l’utilizzo di una scorta armata, combinate con quelle che prevedono poteri eccezionali per gli ispettori, come quello di bloccare la circolazione in intere aree o alla clausola che consente agli Ispettori di far fuoriuscire dall’Iraq le persone da intervistare e le loro famiglie.

Soprattutto quest’ultima clausola consente di creare defezioni nell’apparato statale iracheno, dando l’opportunità alla CIA di costruire dei disertori che possono inventare le cose più fantasiose. Anche la clausola che considera una infrazione grave fornire informazioni false o incomplete, può costituire un pretesto per rendere impossibile all’Iraq un completo adempimento. Basti pensare al problema dei materiali chimici o organici che sono stati distrutti o sono andati persi per le vicende belliche ed alla difficoltà, se non impossibilità di fornire le prove dello smaltimento o delle perdita dei medesimi materiali.

Con la 1441 il Consiglio di Sicurezza dichiara di voler dare una ultima opportunità all’Iraq (par.2) di adempiere alle proprie obbligazioni e nello stesso tempo rende l’adempimento quasi impossibile e, per far capire meglio il messaggio conclude minacciando “serie conseguenze”.

Insomma è accaduto qualcosa di simile al trattato di Rambouillet, uno strumento giuridico predisposto con clausole ad hoc per impedire alla Jugoslavia di accettarle e fornire un pretesto ai bombardamenti della NATO.

Con questa risoluzione è stato confezionato il vestito giuridico, con il quale gli Stati Uniti copriranno le vergogne ed i fini inconfessabili dell’intervento militare che stanno preparando. Anche i tempi della Risoluzione coincidono con quelli delle esigenze militari. Il termine concesso agli Ispettori per riferire al Consiglio di Sicurezza – non a caso – scade il 21 febbraio 2003.

La terza Convenzione dell’Aja del 1907 prevede che le Nazioni civili debbano far precedere le ostilità da una formale dichiarazione di guerra ovvero da un ultimatum. L’ultimatum, pertanto, è un passaggio tecnico (e politico) prodromico alla apertura delle ostilità. Con la Risoluzione 1441 gli Stati Uniti hanno utilizzato il Consiglio di Sicurezza per far lanciare il loro ultimatum all’Iraq, mettendo in moto un meccanismo ad orologeria, destinato a deflagrare con la guerra. A questo punto l’unica cosa positiva è che ci sono poco più di tre mesi di tempo per fermare le lancette dell’orologio di guerra preventiva. Forse.

Autore: Domenico Gallo

Nato ad Avellino l'1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell'arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022)

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