Il Papa rompe il tabù della guerra

le parole di realismo e di umanità del Papa rompono un tabù, aprono uno squarcio nella tela di menzogne, di irresponsabilità e di fanatismo con la quale tutti i principali attori politici cercano di nascondere la realtà di una tragedia che si consuma sotto i nostri occhi e che noi stessi continuiamo ad alimentare.

Ci voleva il Papa per rompere il tetto di cristallo delle miserabili élite politiche europee, che hanno nascosto sotto la sabbia la parola negoziato e hanno cancellato persino il dubbio che la politica dovesse spendersi per la pace, invece di alimentare la guerra e impiantare nuovi cimiteri. La dichiarazione di Papa Francesco è coraggiosa: “È più forte chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca”, e “quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà?”.

Papa Francesco scompagina ogni opportunismo politico e lancia un appello accorato a fermare il massacro in Ucraina, invitando apertamente Kiev ad accettare un compromesso per la fine delle ostilità. “Oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. La parola negoziare è coraggiosa”, ha detto il Pontefice nell’intervista alla Radiotelevisione svizzera. Per fermare i morti serve “negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore. Nella guerra in Ucraina ce ne sono tanti, la Turchia si è offerta, e altri. Non abbiate vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggiore”. Ebbene, proprio la parola “negoziato” è la bestia nera delle Cancellerie dei Paesi europei e dei vertici dell’Unione europea, ispirati dal medesimo fondamentalismo politico della Nato. La pretesa di pervenire alla pace attraverso la “vittoria” sulla Russia, frutto del fondamentalismo della ragione politica occidentale, sta dimostrando tutta la sua tragica e dolorosa impotenza. Dopo il fallimento della controffensiva ucraina, annegata in un mare di sangue, nessuna resipiscenza è maturata nelle principali forze politiche, nei vertici istituzionali e negli organi dell’Unione europea.

Nessun ripensamento è emerso nei media mainstream che fanno da scorta mediatica alla Nato. Dopo aver incoraggiato e sostenuto la scelta insensata di una controffensiva che non aveva possibilità di successo, né le principali forze politiche, né i principali network hanno avuto nulla da ridire sulla strage insensata e sui sacrifici umani imposti alla martoriata popolazione ucraina per inseguire il miraggio di una “vittoria” impossibile. La lezione che è stata tratta dalla dura realtà dei fatti è che bisogna rilanciare il conflitto armato e puntare all’escalation, rifornendo l’Ucraina di armamenti sempre più offensivi per consentirle di conseguire la “vittoria”. Questa scelta politica, confermata anche dall’Italia con l’ottavo invio di armi, è descritta in modo plastico nell’ultima Risoluzione del Parlamento europeo che continua a istigare l’Ucraina a combattere fino alla “vittoria” e specifica nel dettaglio i sistemi d’arma che devono essere forniti per consentire una maggiore capacità offensiva all’esercito ucraino. Rimane, però, in piedi il dubbio che tutto questo “aiuto fraterno” non possa bastare e Macron ci fa sapere che, prima o poi, dovremo versare anche il nostro sangue mandando delle truppe nel teatro di guerra.

“Non dobbiamo giocare col martirio di questo popolo” ha ammonito il Santo Padre. Di fronte a questo impazzimento collettivo, le parole di realismo e di umanità del Papa rompono un tabù, aprono uno squarcio nella tela di menzogne, di irresponsabilità e di fanatismo con la quale tutti i principali attori politici cercano di nascondere la realtà di una tragedia che si consuma sotto i nostri occhi e che noi stessi continuiamo ad alimentare. Proseguire la guerra è un’inutile strage. Aprire un negoziato, cercare la mediazione degli interessi contrapposti, invece che la vittoria e l’umiliazione dell’avversario, è l’unica strada per evitare il martirio di un popolo, sacrificato sull’altare degli opposti nazionalismi e di opposte strategie di potenza e per evitare che il conflitto possa ulteriormente degenerare.

Le parole del Papa, inevitabilmente sono destinate a suscitare violente polemiche da parte del governo ucraino e di tutti coloro che investono le loro fortune politiche ed economiche sulla prosecuzione della guerra, però la cosa peggiore sarebbe ignorarle, stendendo un velo di silenzio. Queste parole sono come pietre, vanno al cuore dei problemi e mettono in braghe di tela la politica dell’Occidente, disvelandone il volto velleitario e necrofilo. Non dobbiamo consentire che siano pronunciate invano. Quelle del Papa sono un richiamo alla realtà e un monito al rispetto dei valori fondamentali dell’umanità. In questo frangente, il disconoscimento del principio di realtà è strumentale al perseguimento di una politica indifferente ai costi umani che essa stessa provoca. Quelle parole dobbiamo rilanciarle, dobbiamo costringere le forze politiche, i Parlamenti, i media, a confrontarsi con le verità semplici e tragiche che esse esprimono.

(articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano del 12 marzo con il titolo Il coraggio del Papa fa paura ai guerrafondai)

Autore: Domenico Gallo

Nato ad Avellino l'1/1/1952, nel giugno del 1974 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università di Napoli. Entrato in magistratura nel 1977, ha prestato servizio presso la Pretura di Milano, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pretura di Pescia e quella di Pistoia. Eletto Senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell'arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare, del conflitto nella ex Jugoslavia. Al termine della legislatura, nel 1996 è rientrato in magistratura, assumendo le funzioni di magistrato civile presso il Tribunale di Roma. Dal 2007 al dicembre 2021 è stato in servizio presso la Corte di Cassazione con funzioni di Consigliere e poi di Presidente di Sezione. E’ stato attivo nel Comitato per il No alla riforma costituzionale Boschi/Renzi. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore o coautore di alcuni libri, fra i quali Millenovecentonovantacinque – Cronache da Palazzo Madama ed oltre (Edizioni Associate, 1999), Salviamo la Costituzione (Chimienti, 2006), La dittatura della maggioranza (Chimienti, 2008), Da Sudditi a cittadini – il percorso della democrazia (Edizioni Gruppo Abele, 2013), 26 Madonne nere (Edizioni Delta Tre, 2019), il Mondo che verrà (edizioni Delta Tre, 2022)

5 pensieri riguardo “Il Papa rompe il tabù della guerra”

  1. La sconfitta dell’ Ucraina è annunciata e se continua la guerra ci sarà.Non riesco a capire la cecità dei governi e della stampa ,di fronte a una realtà tragica , sanguinosa e perdente.
    Mimmo i tuoi articoli sono quello che vorremmo si gridasse a voce alta

  2. Poichè il richiamo del Papa alla bandiera bianca ha dato luogo a fraintendimenti ed è stato maliziosamente interpretato come un invito per l’Ucraina ad arrendersi, è bene precisare che si tratta, invece, di un segnale esplicito di richiesta di colloquio: per intenderci: “Veniamo in pace”. Come ha osservato il prof. Marco Mascia, Il fondatore del Diritto internazionale moderno, Ugo Grozio ci dice che con la bandiera bianca si vuole avviare un negoziato, non arrendersi». E questo è il senso della parole del Papa, che peraltro non ha evocato questa immagine ma ha seguito il ragionamento dell’intervistatore della Radiotelevisione svizzera: non una sollecitazione alla resa dell’Ucraina, ma alla sospensione temporanea delle ostilità.
    La bandiera bianca è il vessillo che si deve alzare per mandare una delegazione a parlamentare con il nemico, per aprire un negoziato, secondo l’art. 32 del Regolamento allegato alla IV Convenzione dell’Aja del 1907 sulle leggi ed usi della guerra terrestre.

  3. Bravo Mimmo.
    Quando ci chiedono “Da che parte stai?”, la risposta è semplice. Dalla parte di coloro che subiscono morte, distruzione, esilio. Di Ucraini e Russi si vedono costretti a uccidere e farsi uccidere da forze opposte, in realtà conniventi che, per calcolo di potere e denaro, hanno scelto la guerra.

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